Contemporary Art | Milan
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WORKS FROM THE COLLECTION OF HÉLÈNE DE FRANCHIS
This lot has been withdrawn
Lot Details
Description
WORKS FROM THE COLLECTION OF HÉLÈNE DE FRANCHIS
GIULIO PAOLINI
b.1940
QUAM RAPTIM AD SUBLIMIA
gold paint on cotton fabric
Executed in 1969
This work is accompanied by a certificate signed by the Artist.
(vernice oro su tessuto di cotone
Eseguito nel 1969
L'opera è accompagnata da certificato firmato dall'Artista.)
cm 65x420; inches 25.6 by 165.4 overall measurements variable (misure complessive variabili)
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The Artist
Finarte Milan, 4 April 1974, Lot 86
Gian Enzo Sperone, Rome
Galleria Massimo Minini, Brescia
Gaetano Benatti Collection, Turin
Acquired from the above by the present owner (Ivi acquistato dall'attuale proprietaria)
Giulio Paolini. Werke und Schriften 1960-1980, Kunstmuseum Luzern, Luzern 1981,
illustrated
Gian Enzo Sperone. Torino Roma New York. 35 anni di mostre tra Europa e America,
Turin 2000, vol. 1, p. 33, illustrated
Germano Celant, Giulio Paolini 1960-1972, Milan 2003, p. 271, illustrated
Maddalena Disch, Giulio Paoliini. Catalogo Ragionato. Tomo primo 1960-1982, Milan
2008, p. 199, n. 184, illustrated
"Nothing that belongs to the language of art can be cancelled. The word spoken by today's art does not exclude, and indeed cannot ignore yesterday's". It is Giulio Paolini himself who reveals through his words all the meaning of that calculated short circuit between ancient and modern, between language and image that has been at the center of his art since the early 1960s. He evokes the memory of classical times in his content but at the same time is innovative in the setting he chooses. Quam raptim ad sublimia from 1969 represents a paradigmatic work in the corpus of the artist. The banner reproduces, in its bronze-coloured inscription, a Latin phrase, ‘As soon as possible towards the sublime’, which is engraved in brass in the marble floor of one of the rooms of the Vatican Museums. The same Latin phrase has also been used for a coeval graphic edition, in which it is inscribed on a business card as a profession after the artist's name.
The work is part of a group of works of the same years (GPO-0183, GPO-0184, GPO-0185, GPO-0187), in which enigmatic and mysterious Latin quotations based on a paradox are transcribed on banners or on metal plaques. As the artist explains the Latin writings which "recited and disclosed with the proper emphasis of a banner or a sign" remain referred to and confined "to an order of private reflections". Paolini wrote that "the transcriptions are intended as a pronouncement, a profession of faith, but also an awareness of their unrepeatability, confined as they are in an ancient language and far from any possible verification or re-appropriation". In this sense, a further paradox is consummated, in addition to that which intersects the temporal planes of tradition and contemporaneity: that between the external and internal universe, between appearance and reality. The incompatibility of the support with the inscription and, in turn, the impossible complete use of the banner caused by the arrangement (the work was hoisted into an external space only occasionally at the time of its realisation) create a paradox that confuses, recalling sensations and visions that draw both on shared memory, and on the world of personal interiority.
Presentation and representation, originality and quotation are the antithetical elements that underlie Paolini's work, a continuous and repeated play of mirrors in which the artist's presence seems to escape, and in which it is the work itself, affirming its authority and independence, seems to request his direct intervention.
We kindly thank Maddalena Disch for the information she generously provided about this work.
"Just as I am (or I think I am) an artist and not an art theorist or historian, I am not even a writer, let alone literary man... I happen to write, but always in pictures..."
Elena Del Drago, Giulio Paolini, Citazioni d’autore, in 'Il manifesto', Rome, 14 August 2002, p. 13
“Nulla di ciò che appartiene al linguaggio dell’arte può essere cancellato. La parola pronunciata dall’arte di oggi non esclude, anzi non può ignorare quella di ieri.” È lo stesso Giulio Paolini a far trasparire attraverso le sue parole tutto il senso di quel calcolato cortocircuito tra antico e moderno, tra linguaggio e immagine che è proprio della sua arte fin dagli esordi nei primi anni ‘60: rivolta alla memoria classica nel contenuto ma al tempo stesso innovativamente spiazzante nel suo allestimento, Quam raptim ad sublimia del 1969 rappresenta in questo senso un’opera paradigmatica nel corpus del’artista. Lo striscione riprende, nella sua iscrizione color bronzo una frase latina (Quanto prima verso il sublime) che si trova incisa in ottone nel pavimento in marmo di una sala dei Musei Vaticani. La medesima frase latina è stata utilizzata anche per una coeva edizione grafica, in cui è riportata su un biglietto da visita come “ragione professionale” dopo il nome dell’artista.
L’opera fa parte di un gruppo di lavori dei medesimi anni (GPO-0183, GPO-0184, GPO-0185, GPO-0187), dove, trascritti su striscioni o su targhe di metallo, trovano posto enigmatiche e misteriose citazioni latine basate su un paradosso, come spiega l’artista: le scritte latine “recitate e divulgate con l’enfasi propria di uno striscione o di un’insegna” restano in realtà riferite e confinate “a un ordine di riflessioni private”. “Le trascrizioni sono intese come pronunciamento, professione di fede, ma anche consapevolezza della loro irripetibilità, confinate come sono in una lingua antica e lontane da ogni possibile verifica o riappropriazione”, dichiara Paolini. In questo senso si consuma un paradosso ulteriore, oltre a quello che interseca i piani temporali della tradizione e della contemporaneità: quello tra universo esteriore e interiore, tra apparenza e realtà. L’incompatibilità del supporto con l’iscrizione e, a sua volta, l’impossibile fruizione completa dello striscione causata dalla disposizione (l’opera è stata issata in uno spazio esterno solo occasionalmente all’epoca della sua realizzazione) creano un paradosso che disorienta, richiamando sensazioni e visioni che attingono ora alla memoria condivisa, ora al mondo dell’interiorità personale.
Presentazione e rappresentazione, originalità e citazione sono gli elementi antitetici che stanno alla base della produzione di Paolini, un continuo e ripetuto gioco di specchi in cui la presenza dell'artista sembra sottrarsi, e in cui è l’opera stessa, affermando la sua autorità e indipendenza, a richiedere il suo diretto intervento.
Ringraziamo Maddalena Disch per le preziose informazioni che ha gentilmente fornito in merito a quest'opera.
“Così come sono (o credo di essere) un artista e non un teorico o storico dell’arte, non sono neppure uno scrittore, tanto meno un letterato... Mi capita di scrivere, ma sempre per immagini…”
Elena Del Drago, Giulio Paolini, citazioni d’autore, in “Il Manifesto”, Roma, 14 agosto 2002, p. 13
Images:
Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Turin
Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Turin