拍品 11
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GIORGIO MORANDI | Natura morta

估價
600,000 - 800,000 EUR
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招標截止

描述

  • 喬治・莫蘭迪
  • Natura morta
  • firmato
  • olio su tela
  • cm 42x36,5
  • Eseguito nel 1957

來源

Galleria Del Milione, Milano
Collezione Pisani, Milano
Collezione A. Giovanardi, Milano
Galleria Bergamini, Milano
Acquistato dall'attuale proprietario nel 1984-1985 circa

展覽

Modena, Palazzo dei Musei, Giorgio Morandi, 1959
Londra, Royal Academy of Arts, Giorgio Morandi, 1970-71, n. 71, fig. 70, illustrato
Parigi, Musée National d'Art Moderne, Giorgio Morandi, 1971, n. 71, fig. 70, illustrato
Milano, Rotonda di Via Besana, Giorgio Morandi, 1971, n. 81, p. 71, illustrato 

出版

Lamberto Vitali, Morandi. Catalogo generale. Volume primo 1913-1947, Milano 1977, n. 1043, illustrato

Condition

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拍品資料及來源

"Ma con la Resistenza e la Liberazione ce ne dimenticammo. Avevamo l’illusione di vivere intensamente. E Morandi ci sembrò lontano, inattuale. Si, era bravo, onesto, pulito: ma ora non ci serviva. Preferivamo la violenza, il disordine e lo sporco. E che lui se ne andasse dunque al diavolo, con le sue bottiglie, i suoi fiori ed i suoi cocci. Quanto durò quell’esilio? Solo qualche anno. Poi la polvere cadde, ci quietammo, si ricominciò a guardare la realtà con i nostri occhi: e c’era di nuovo Morandi." Manlio Cancogni, 'Vedeva Dio con gli occhi del diavolo', in L’Espresso, 28 giugno 1964

Natura Morta del 1957 è composta, silente e immobile. Gli oggetti sono ordinatamente racchiusi in un rettangolo immaginario e resi mediante tinte armoniche. Un elemento spicca prepotentemente rispetto agli altri, ed è il raggiante rosso della scatola in secondo piano. La luce frontale non permette di scorgere le ombre degli oggetti inanimati e tutto sembra placido, tranquillo.

Eppure questo scenario apparentemente idilliaco cela un’inquetudine palpabile e non manifesta: “ritengo che non vi sia nulla di surreale, nulla di più astratto del reale”, afferma Morandi in un’intervista radiofonica proprio del 1957.

Gli anni ’50 furono un momento eccezionale per la carriera dell’artista bolognese: negli Stati Uniti era riuscito a riscuotere un enorme successo, tra mostre in grandi musei – come quella del Museum of Modern Art di New York, organizzata da Barr e Soby – e articoli pubblicati da riviste del calibro di ArtNews. Incapace di relazionarsi con il contesto artistico degli anni Cinquanta, egli aveva volutamente deciso di scollarsi dai problemi affrontati dagli artisti suoi coetanei, i quali avvertivano la necessità di rinnovarsi. Desiderava rimanere completamente fedele a se stesso, ripetersi talvolta ossessivamente, studiare e approfondire ogni suo soggetto nei minimi dettagli e nel più ampio ventaglio di sfumature possibili. Giulio Carlo Argan a proposito spiega che “se, per tutta la vita, ha dipinto sempre le stesse bottiglie, gli stessi barattoli, lo stesso angolo di paese non è certamente perché amasse quegli oggetti, ma perché aveva bisogno che l’oggetto, arcinoto, non facesse problema e non richiamasse e localizzasse sul proprio essere l’interesse conoscitivo”. (Tratto da Morandi e la cultura artistica del secondo dopoguerra di Angela Vettese,  saggio contenuto in Morandi Ultimo. Nature Morte 1950-1964, a cura di Laura Mattioli Rossi, Edizioni Gabriele Mazzotta, 1997, Milano)

Natura Morta fa parte di una serie di dieci dipinti, tutti realizzati nel 1957, in cui l’artista procede spostando gli oggetti da un piano all’altro, come si può notare nella tela dei Musei Vaticani, facendoli avanzare o retrocedere lungo stessa dimensione. Oltre ai piani di rappresentazione degli oggetti, nella tela si possono notare dei livelli veri e propri con i quali il pittore suddivide lo spazio fisico del dipinto, ovvero la superficie del tavolo, il vuoto in grigio sotto di essa e la parete beige. Questa rappresentazione degli oggetti permette quindi la visione di tre spazi, creando un’eccezione rispetto alle tradizionali Nature Morte del pittore, nelle quali generalmente i piani visibili sono due, ovvero la superficie di appoggio e la parete retrostante.

Già all’età di 21 anni Giorgio Morandi è affascinato da Paul Cézanne, ammirandone “lo sforzo gigantesco di sintetizzare in tutto il senso del volume e della luminosità, il cui risultato è stato un’opera la quale, riunendo in sé il buono delle nuove ricerche e quello tratto dagli insegnamenti del passato, inizia una rinascenza pittorica, e metterà le generazioni future sulla strada di un classicismo vero, eterno”. (da una lettera di Morandi ad Ardengo Soffici)

Nonostante la sua ammirazione per il pittore francese, non abbraccerà mai la sua vitalità coloristica, preferendo procedere invece con una supremazia della luce che invade lo spazio, colori armonici tra loro e sfumature delicate, esattamente come in Natura Morta.

Pur non avendone la massima certezza, è possibile che Morandi abbia letto il saggio del 1918 di Roberto Marangoni e recensito da Roberto Longhi, Valori mal noti e trascurati della pittura italiana del Seicento i alcuni pittori di “natura morta” , in cui il grande storico dell’arte si riferisce allo spagnolo Zurbaràn come “il più grande costruttore di forme in luce”. Si noti infatti nell’opera Bodegòn con cuatro vasijas come il pittore, con una visione ravvicinata – adottata anche da Morandi – trasforma quattro oggetti di uso quotidiano in alti capolavori artistici, con una luce quasi metafisica che ne plasma i volumi.

Giorgio Morandi non era solo un pittore, ma anche studioso e grande conoscitore della storia dell’arte, dalla quale attingeva a modelli che sapientemente era in grado di applicare e plasmare in base alla sua grande sensibilità artistica.
Grazie a Morandi, l’arte italiana del Novecento può vantarsi di uno dei suoi più grandi esponenti, un Maestro che, seppur con pacatezza e discrezione, è stato in grado di guardare al fondo delle cose, spogliandole dall’esteriore e dalle frivolezze e restituendole nella loro eterna verità.

Natura Morta (1957) is composed, silent and motionless. The objects are neatly enclosed in an imaginary rectangle and rendered in harmonic colours. The radiant red of the box in the background stands out overwhelmingly when compared to the other objects. The frontal light does not allow a vision the shadows of the inanimate objects and everything appears placid and quiet.

Yet this seemingly idyllic scenario conceals a palpable and non-manifest restlessness: “I believe that there’s nothing more surreal, nothing more abstract than reality”, Morandi said in a 1957 radio interview.

The 1950s were an exceptional time for the Bolognese artist’s career: he was able to achieve enormous success in the United States, thanks to exhibitions in major museums – such as the Museum of Modern Arts in New York, an exhibition organised by Barr and Soby – and articles published by magazines like Art News. Unable to relate to the artistic context of the 1950s, he deliberately decided to take distance from the problems faced by his contemporaries, who felt the need to renew themselves. He wanted to remain faithful to himself, repeat himself obsessively, to study and deepen each of his subjects in the smallest details and in the widest possible range of nuances.

Giulio Carlo Argan explains that “if [Morandi] always painted the same bottles, the same jars, the same corner of town, his whole life, it is certainly not because he loved those objects, but because, as is well known, he needed for the object not to cause problems and not to recall and localise on itself the interest of knowledge”. ('Morandi e la cultura artistica del secondo dopoguerra', in Morandi Ultimo. Nature Morte 1950-1964, Milano 1997)

Natura morta is part of a ten-painting series realised in 1957, in which the artist proceeds by moving the objects from one floor to another, as can be seen in the canvas in the Vatican Museums, moving them forwards or backwards on along the same horizontal line.

In addition to the organisation of the objects in the canvas, we notice the levels upon which the painter divides up the physical space of the painting, namely the table’s surface, the grey void under it and the beige wall. This representation thus allows for a vision of three spaces, creating an exception to the painter’s usual Still Life works, in which there are two visible planes, namely the supporting surface and the wall behind it.

From the age of twenty-one, Giorgio Morando was fascinated by Paul Cézanne, admiring “his gigantic effort to synthesise, in all the senses, volume and brightness, the result of which was a work that, bringing together new research and drawing from the teachings of the past, begins a pictorial rebirth, and will put future generations on the path to a true and eternal classicism.”

Despite his admiration for the French painter, he never embraced the same colouristic vitality, preferring instead to proceed with a supremacy of light that invades the space, harmonious colors and delicate shades, as in this Natura morta.

Although it is not certain, it is possible that Morandi had read Roberto Marangoni’s 1918 essay reviewed by Roberto Longhi, Valori mal noti e trascurati della pittura italiana del Seicento di alcuni pittori di “natura morta”, in which the great art historian referred to the Spanish Zurbaràn as “the greatest builder of light forms”. In fact, in the work of art Bodegòn con cuatro vasijas, we can in the way in which the painter, with a close eye – adopted also by Morandi – transforms four quotidian objects into masterpieces, with an almost metaphysical light that shapes their volumes.

Giorgio Morandi was not only a painter, he was also a scholar and a great connoisseur of the history of art. He drew on models that he was able to apply and shape according to his acute artistic sensibility.

Thanks to Giorgio Morandi, Italy can boast one of the greatest Twentieth-Century artists, a veritable Master who, albeit calmly and discreetly, was able to look at the depth of things, stripping them of their exterior and frivolities and returning them in their eternal truth.