Lot 45
  • 45

Francesco Morosini detto il Montepulciano

Estimate
40,000 - 60,000 EUR
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Description

  • Francesco Morosini detto il Montepulciano
  • ARIANNA ABBANDONATA DA TESEO NELL'ISOLA DI NASSO
  • olio su tela;
    oil on canvas

Provenance

Antichità De Carlo, Firenze.

Condition

The canvas is offered with an elegant carved frame made of painted, gilded wood. The painting presents a good state of conservation; the paint layer is stable and it is closely tied to its support. The varnish is not oxidised and maintains the tone’s natural luminosity, especially on the “lacche” used to enrich the vests. Inspection under UV light reveals some old retouches on the two figure’s skin (Arianna’s face, Teseo’s left hand and legs) and in other areas scattered on the entire surface.
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Catalogue Note

Secondo il mito greco il giovane ateniese Teseo giunse a Creta per essere sacrificato al Minotauro insieme ad un gruppo di compatrioti, ma grazie al prezioso filo donatogli da Arianna, figlia di Minosse, re dell’isola, invaghitasi di lui,  riuscì a sconfiggere il mostro, ad uscire dal labirinto e a salvare la vita a sé e agli altri. Teseo fuggì con l’innamorata; insieme approdarono nell’isola di Nasso, ma poi l’abbandonò nel sonno.
Il giovane è attento a non svegliare Arianna mentre con un cordoncino le cinge un braccio, filo simbolico che lega la vita alla morte. Nel suo gesto, c’è, da un lato, la gratitudine per la salvezza dal Minotauro, dall’altro, il nodo che forma un cappio annuncia il possibile triste destino della fanciulla che, sola e abbandonata, potrebbe decidere di porre fine alla propria esistenza (secondo alcune versioni del mito sarà Bacco a salvarla dalla solitudine e a sposarla).
L’eroe ateniese è dunque in procinto di salpare verso la patria, lasciando Arianna addormentata su un masso coperto da un drappo amaranto bordato d’oro che pare quasi un tendaggio di scena. I colori vivaci e brillanti che connotano il suo abbigliamento fanno da contrappunto alla natura ombrosa alle spalle. L’abbigliamento dei due giovani rientra nel miglior gusto comunistico fiorentino seicentesco inaugurato dal Cigoli e portato avanti dal suo allievo Giovanni Bilivert, a sua volta maestro, secondo la testimonianza dell’attendibile biografo Filippo Baldinucci (Notizie de’ professori del Disegno da Cimabue in qua, Firenze 1681-1728, ed. 1845-1847, IV, 1846, p. 316) di Francesco Morosini che i dati di stile consentono di riconoscere quale autore del dipinto in esame.
Arianna indossa, infatti, un costume quasi teatrale: gli spacchi sensuali nella gonna lasciano intravedere una sottana raffinata e minuziosamente studiata, i profili oro e l’interno dell’abito sono di una ricercata tonalità corallo. La medesima cura è dedicata alle vesti di Teseo: la sua giacca color oro è profilata da tanti piccoli pendagli rossi, la camicia candida è panneggiata con le maniche sbuffate e arricciate e la tunica viola è chiusa sul lato dal filo d’oro. Un’attenzione particolare è rivolta poi agli accessori: dal fermacapelli regale e dalla lunga collana di perle agganciate alla cintura adornata di pietre preziose della giovane, al cappello di pelliccia blu cobalto, con piume rosse e bianche, agli stivaletti viola dall’intarsio d’oro e all’elsa della spada dalla testa canina di Teseo. Un’ulteriore nota di preziosità alla scena è data dalle numerose conchiglie in basso a sinistra.
L’episodio dell’abbandono di Arianna riscosse un notevole successo in pittura dopo che Ottavio Rinuccini compose il libretto per la tragedia Arianna a Nasso, su musica di Claudio Monteverdi, rappresentata per la prima volta a Mantova in occasione delle nozze tra Francesco IV Gonzaga e Margherita di Savoia nel 1608. È pertanto verosimile che Morosini conoscesse e avesse avuto negli occhi il ricordo di una delle rappresentazioni dell’opera,  sia per l’impostazione teatrale del dipinto, sia per il già sottolineato gusto per i costumi.
L’attività del Morosini è nota a partire dal 1624 quando compare, insieme ad altri cinque pittori (Bartolomeo Salvestrini, Francesco Furini, Giovanni Battista Ghidoni, Teodoro Fiammingo e Monanno Monanni), in un richiamo dei Consoli dell’Accademia del Disegno di Firenze per la consegna della grande tela raffigurante le Arti liberali, oggi nei depositi degli Uffizi (Inv. 1890, n. 5080),  da lui portata a termine nel 1625. Quest’ultimo dipinto mostra notevoli affinità con la tela in esame non solo nello svolgimento dei panneggi, ma anche nelle tipologie, come attesta la quasi sovrapponibilità tra il volto di profilo del giovane che fronteggia la figura allegorica e quello di Teseo. Un altro confronto significativo, all’interno della sua opera, è quello con il Martirio di San Sebastiano eseguito per la chiesa fiorentina di San Remigio, verosimilmente dopo  il 1630 (anch’esso oggi conservato nelle Gallerie Fiorentine; per la sua illustrazione cfr. Università di Bologna, Fondazione Federico Zeri, fototeca, b. 0528, Pittura italiana, secolo XVII. Firenze 5, f.6, Francesco Morosini (Montepulciano), scheda n. 52149), dove il volto del martire è praticamente sovrapponibile a quello di Arianna. Entrambe le sembianze mascoline inducono a pensare che il pittore avesse avuto davanti un modello maschile.
La tela, che conta un modello preparatorio in collezione privata a Firenze, a testimonianza dell’impegno posto dal pittore nella commissione, senza dubbio prestigiosa, sembrerebbe databile, alla luce delle affinità sopradescritte, agli anni Trenta, rientrando nell’interesse mostrato da alcuni membri di casa Medici (soprattutto il cardinale Carlo, il principe Lorenzo e il cardinale Giovan Carlo) e dalle nobili famiglie che ruotavano attorno alla corte  per dipinti che avessero una fonte letteraria, non solo dai più celebri poemi dell’ Orlando Furioso dell’Ariosto, della Gerusalemme Liberata del Tasso, del Pastor Fido del Guarino, ma, in questo caso, anche della sopracitata tragedia del Monteverdi.  
Immatricolato all’Accademia del Disegno nel 1627-1628, Morosini fu eletto tra i conservatori nell’agosto del 1635, lo stesso incarico ricoprì nel 1640 e nel 1646, mentre nel 1641 fu uno dei festaioli e nel 1642 console (L. Zangheri, Gli accademici del Disegno. Elenco alfabetico, Firenze 2000, pp. 57, 59s., 66, 68, 226).
L’alunnato presso il Bilivert spiega le strette affinità con l’opera del condiscepolo Orazio Fidani, interprete singolare della favola barocca che mostra, ad esempio, nel suo Narciso di collezione privata a Milano, analogamente ambientato in un paesaggio, molti punti di contatto con l’opera in esame.
Pubblicato con una piccola foto in bianco e nero da Roberto Contini nel 1991 con l’attribuzione dubitativa a Bartolomeo Salvestrini, il dipinto è noto dalla fine degli anni Novanta a chi scrive che l’ha riconosciuto come opera di questo interessante, ma ancora poco noto, maestro del Seicento fiorentino.

Siamo grati alla dott.ssa Francesca Baldassarri per aver redatto la scheda.

Bibliografia
Contini, Una Mappa dell’influsso di Artemisia Gentileschi a Firenze, in Artemisia, catalogo della mostra a cura di R. Contini e G. Papi, Firenze (Casa Buonarroti), Roma, 1991, p. 191, fig. 108 (come Bartolomeo Salvestrini?); S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, Firenze, I, p. 206, III, fig. 1123 (illustrazione del modellino).

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