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Alberto Burri
Description
- Alberto Burri
- Senza titolo
- firmato e datato 52 sul retro
- olio, vinavil, sabbia, sacco e collage su tela
- cm 65,1x73,7
Provenance
Ivi acquistato dalla famiglia dell'attuale proprietario alla metà degli anni Cinquanta
Condition
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Catalogue Note
La sperimentazione dei materiali subì una forte accelerazione nel 1950: Burri dipinse diverse Muffe sfruttando le efflorescenze prodotte dalla pietra pomice combinata alla pittura ad olio, ma anche il primo Gobbo caratterizzato dal rigonfiamento prodotto dai rami posizionati sul retro della tela, oltre al primo Sacco interamente realizzato con la juta, rattoppata e cucita già citato.
(COMPARABLE)
Il 1952 si aprì con la mostra personale Neri e Muffe alla galleria dell'Obelisco a Roma, di cui Lorenza Trucchi riportò un entusiastico commento apprezzando la "tremenda e splendida " materia. Dopo le positive prove alla Fondazione Origine con la mostra Omaggio a Leonardo e alla sezione Bianco e nero della Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, dove il suo disegno Studio per lo strappo venne acquistato da Lucio Fontana, tenne la sua prima mostra personale americana, Alberto Burri: paintings and collages, presso la Allan Frumkin Gallery di Chicago tra il 13 gennaio e il 7 febbraio 1953, trasferita alla fine dell'anno a New York alla Stable Gallery di Eleanore Ward. Allan Frumkin in quegli anni aveva cominciato ad interessarsi al Surrealismo europeo e precorse i tempi anche nel sostenere, tra gli altri, i primi paesaggi di Mondrian, le stampe di Munch e i disegni di Mirò e Matta, così come l'arte africana e pre-colombiana. Decise inoltre di visitare Parigi, l'Inghilterra e l'Italia, per familiarizzare con l'arte moderna, trovandosi molto a suo agio.
Le esperienze materiche e polimateriche avevano radice solide sia in America, sia in Europa nell'ambito dell'Informale e per Burri furono determinanti: "La materia usata da Burri si presenta 'in proprio', come è stato benissimo spiegato da Brandi. Questo è il fatto nuovo, che chiama in causa lo spettatore, imbarazzato ad elaborare nella sua coscinza il dipinto 'flagrante' ed 'astante' al contempo. Lo spettatore che vede il suo campo esistenziale invaso da oggetti umili e alle volte repellenti, se ne sbalordisce, non più abituato alla pittura, viziato dall'esprit de géométrie dell'astratto, sembra non più in grado di penetrare il valore puramente pittorico della proposta di Burri.
La compattezza specifica dei materiali avvicina paurosamente il quadro, [...] così il pittore può agire solo con gesti violenti, ferite, strappi, pietose ricuciture come per creare una distanza, allontanare l'oggetto incombente. [...] Burri conosce bene le materie, il loro peso specifico, il loro colore, la loro intensità di luce, le loro strutture profonde, quanto si possa infierire su di esse, la loro sopportazione e la loro incapacità di rispondere, la loro ottusa incolpevole presenza.
Egli sa che anche che gli oggetti promossi a far parte del dipinto non possono essere governati dall'esterno, ma a seconda delle loro caratteristiche specifiche si uniscono, lentamente e faticosamente come ciechi pianamente condotti per mano, a far quadro secondo un modo di comporre elementare e primario [...]. (Bruno Mantura, in Alberto Burri, Roma 1976, pag. 10).
Le vicissitudini biografiche dell'artista e il clima politico italiano nell'immediato dopoguerra danno al suo operato il connotato di una viscerale risposta alla Seconda Guerra Mondiale dal momento che Burri stesso era stato prigioniero nel campo di Hereford in Texas dal 1944 al 1945. Fu arruolato come dottore perchè aveva studiato medicina, ma durante il periodo di prigionia si dedicò all'arte: per questo motivo molti critici leggono nelle lacerazioni, cuciture, crettature, bruciature la metafora di un corpo sanguinante o di una ferita esistenziale nella coscienza collettiva europea.
Senza titolostimola il rapporto mentale e quasi fisico con l'astante: la struttura della sua composizione crea una tensione in bilico tra il gesto costruttivo, quello distruttivo e la vitalità dei materiali regalandoci un eccezionale esempio tanto cruciale, quanto precoce della celebrata serie dei 'Sacchi', acclamata come tra i più alti risultati della produzione dell'artista.
This refined work by Burri dated 1952 belongs to a limited series of works executed by the artist in those years in which he anticipated his production of the renowned “Sacchi” (sacks) a group of works in which the artist experienced the use of new kinds of media (burlap, canvas, oil paint, paper, pumice).
Burri’s use of these new kinds of media had already started in 1950 ; he had executed the so called Muffe (literally meaning moulds) ) using the pumice’s fluorescence combined with oil, and the first of the Gobbo (meaning hunchback) series works, in which he took advantage of the bulge on the surface made by the tree branches placed on the canvas’ reverse. In 1952 at the Obelisco gallery in Rome a one man show called “Neri e Muffe” opened up. In praising it, the art critic Lorenza Trucchi described the tremendous and yet splendid media utilized by Burri.
After the positive experiences obtained by the artist at the Venice Biennale, as well as the one held by the Fondazione Origine where Lucio Fontana had purchased one of his drawings, Burri’s career moved to the United States. Already in the early Fifties Allan Frumkin opened in his gallery in Chicago an exhibition called Alberto Burri: paintings and collages, the same exhibition was subsequently held by Eleanor Ward at the Stable Gallery in New York. Allan Frumkin was interested in European Surrealism and he was ahead of time in praising and promoting, among others, the first landscapes by Mondrian, Munch’s prints, drawings by Mirò and Matta, African Art and Pre-Colombian art as well. He decided to visit Paris, England and Italy in order to acquire familiarity, full knowledge and confidence with Modern Art.
The use of different media was a known practice back at the time, among American as well as European artists. Burri’s way of assembling together different media was autonomous and isolated.
For the first time a viewer was compelled to react in front of the humble and/or repellent objects displayed in Burri’s compositions, being used to the harmony of abstract painting, he felt not capable of penetrating into the heart of Burri’s art. The artist demonstrated to have a full notion of the media he utilized knowing how the reaction of each one of them differed according to its property.
The biography of the artist and the Italian political climate after the war gave his work the connotation of a visceral response to the Second World War since Burri himself had been a prisoner in Hereford Texas from 1944 to 1945. He had had studied medicine, but during the period of imprisonment he devoted himself to art, which explains why many critics read in tears, seams, craquelure, burns the metaphor of a bloody body or the soul of European existential wound as perceived by the collective consciousness.
This work stimulates a sort of mental, almost physical relationship with its viewer.
The structure of its composition creates a tension between the constructive gesture, the destructive gesture and the vitality of materials anticipating the production of his celebrated Sacchi, acclaimed as among the highest achievements of the artist.