Lot 22
  • 22

Alberto Savinio

Estimate
180,000 - 250,000 EUR
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Description

  • Alberto Savinio
  • Senza titolo - Natura morta con orologio
  • firmato
  • olio su tela
  • cm 55x46
  • Eseguito nel 1926-27

Provenance

Galleria La Bussola, Torino
Collezione Umberto Zanatta, Torino
Galleria del Levante, Milano
Collezione Galardi, Santa Margherita Ligure
Ivi acquistato dall'attuale proprietario nella prima metà degli anni Settanta

Exhibited

Torino, Galleria Narciso, Savinio, 32 dipinti dal 1927 al 1930 - Parigi, 1963, n. 6, illustrato (intitolato Natura morta con orologio e datato 1927)
Ferrara, Palazzo dei Diamanti, Alberto Savinio, 1980, n. 10, illustrato (intitolato Natura morta con orologio e datato 1927)

Literature

P. Vivarelli, Alberto Savinio Catalogo generale, Milano 1996, n. 1926-1927 7, pag. 28, illustrato

Condition

This work is in very good condition. There are few very minor and threadlike craquelures by the thickest areas of the pigment. Under UV light are visible few minor retouching by the upper left corner, towards the center of the upper, of the right hand and left hand margins, the upper right and lower right corners.
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Catalogue Note

signed, oil on canvas. Executed in 1926-27

"Io dipingo solo dal mese di marzo, anche se vi ho sempre pensato. Già in Italia avevo realizzato alcuni disegni ed acquerelli. Ma è a Parigi che mi sono messo a dipingere, a Parigi ho trovato compratori delle mie tele, gallerie dove esporle, mercanti per venderle": così Savinio, in un'intervista al giornale "Comoedia" del 29 novembre 1927, propone al pubblico la sua recentissima esperienza di pittore appena ritornato a Parigi dopo aver soggiornato in Italia in diverse città (Roma, Firenze, Ferrara) in cui aveva sperimentato con successo altri campi artistici, come la musica e la letteratura. La sua eccezionale versatilità lo fa apprezzare dagli intellettuali più ascoltati del periodo, che gli diventano amici e consiglieri. Apollinaire già lo definiva nel 1914 "poeta, pittore, drammaturgo, simile in ciò ai geni multiformi del Rinascimento". L'esperienza italiana converge in modo deciso nelle prime opere, che si riferiscono ai lavori del fratello Giorgio De Chirico e alle ricerche formali di De Pisis, Carrà e Morandi che Savinio ha modo di frequentare a Ferrara, "la città 'metafisica' per eccellenza che il tempo, rappreso nei mattoni rossi delle vecchie case, tiene sospesa in un'atmosfera astratta e senza storia, all'ombra del Castello Estense" (M. Fagiolo dell'Arco). La prossimità produttiva con i maggiori rappresentanti delle nuove correnti artistiche segna in positivo l'avvio di Savinio verso una sincera vocazione pittorica: "È interessante questo fenomeno per noi storici dell'arte; la chiave si trova quasi nella bottega del Rinascimento. Il veder lavorare, essere accanto a chi dipinge, permette evidentemente di apprendere insensibilmente attraverso l'occhio e la memoria" (Giorgio Castelfranco). Lo stesso Savinio ragiona ad aperte lettere sulla cautela curiosa in cui si avvicina al nuovo mondo della pittura, utilizzandone le tecniche con lo stesso fine della musica o della scrittura, persuaso del fatto che "viviamo in un mondo fantasmico con il quale entriamo gradatamente in dimestichezza".
In particolare questo olio su tela rappresenta un soggetto raro nell'antologia dei soggetti di Savinio; emerge l'attenzione a quel significato intenso ma non palese che hanno gli oggetti nella loro imperturbabilità. Viene in mente Carlo Carrà quando dice: "Sono proprio le cose ordinarie che ci rivelano quella forma di semplicità che fa conoscere un più alto e più occulto stato dell'essere, il quale costituisce tutto il segreto splendore dell'arte". Un candeliere, un cartiglio, un orologio ed un particolare di paesaggio si attestano sulla tela come quieti compagni di stanza, spogli, reali eppure fantastici come i soggetti dei coevi pittori tedeschi del "Realismo magico". In tutto il silenzio degli oggetti è in nuce la ricerca enigmatica che è propria di entrambi i fratelli De Chirico. Il tono deciso e uniforme delle pennellate, insieme all'assenza di ombra, non appiattisce il dialogo interno, anzi propone le figure nel loro enigmatico presentarsi: "Se mistero ha da esserci, non sta nel cuore della notte, ma dentro le profonde regioni della luce" (A. Savinio, Delle cose notturne, 1920).