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Carlo Ferrari detto Ferrarin
Description
- Carlo Ferrari detto Ferrarin
- Piazza delle Erbe a Verona
- firmato, datato e iscritto in basso a destra Ferrari Carlo 1851 / Da Verona;
reca firma, iscrizione e data in basso a sinistra
Carlo Ferrari. Da Verona. 1852 - olio su tela
- cm 115 x 93
- Reca etichetta sul retro con il n. 78
Provenance
Condition
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Catalogue Note
La straordinaria vena narrativa di Carlo Ferrari e la particolare abilità dell'artista di cogliere gli atteggiamenti più vari della folla della popolazione trovano piena espressione nelle vedute urbane di piazza, delle quali l'opera qui presentata è felice esempio. Eseguito dall'artista veronese nel 1851, il dipinto propone un suggestivo scorcio di Piazza delle Erbe, un motivo pittorico molto amato dal "Ferrarin" e proposto in singolari varianti a partire dal 1839, anno in cui licenzia l'omonima tela oggi di proprietà della Galleria d'Arte Moderna di Verona, una veduta colta dal pittore dal punto di vista esattamente opposto da quello scelto per l'esecuzione della nostra tela.
Per l'opera qui proposta, infatti, Ferrari sceglie di rappresentare uno scorcio di Piazza Erbe visto dalla prospettiva di Piazza dei Signori attraverso l'Arco della Costa, arco dal quale pende, fin dal Settecento e verosimilmente quale insegna di un negozio di spezie che si affacciava sulla piazza, una costa di balena, e dopo il quale, sulla sinistra, è riconoscibile Casa dei Mercanti, un edificio medioevale costruito per ospitare le associazioni mercantili ed oggi sede, dopo l'ennesima modifica subita alla fine del XIX secolo, della Banca Popolare di Verona.
Erede del vedutismo romantico di Giuseppe Canella sul quale elabora un proprio genere di veduta urbana caratterizzato da un singolare gusto per l'aneddoto e per il "colore locale", il "Ferrarin" raggiunge l'apice della notorietà e della fortuna commerciale nei primi anni cinquanta, quando, nella Verona austriaca, oltre alle famiglie dell'aristocrazia locale si aggiungono al novero dei suoi estimatori e committenti il maresciallo Radetzky, il principe Demidoff, la contessa Samoyloff e persino l'imperatore Francesco Giuseppe, il quale, nel settembre del 1851, lo onora di una visita al suo studio.
Piazza delle Erbe, per secoli centro della vita economica e politica della città ma trascurata dai vedutisti del Settecento, diviene nel corso dell'Ottocento, proprio grazie al colore del suo mercato popolato da erbaioli e vinai, da calderai e da rigattieri, da librai e mercanti d'arte, uno dei luoghi più pittoreschi della città e per Carlo Ferrari un'occasione costantemente nuova di spunti pittorici per composizioni sempre diverse caratterizzate da inconfondibili e vivissime figure, figure che nonostante una certa derivazione dalle "macchiette" di Canella, mediante uno studio approfondito di atteggiamenti e caratteri, sono trasformate in personaggi reali con personalità e ruolo sociale ben definiti.
La piacevolezza delle sue vedute urbane e il prestigio acquisito grazie ai riconoscimenti ufficiali che Ferrari ottiene a partire dalla fine degli anni quaranta - nel 1846 viene nominato membro per la classe di pittura prospettica dell'Accademia di Venezia e l'anno successivo accademico professore di quella di Verona -, portano all'artista un numero sempre più significativo di commissioni e l'etichetta ancora chiaramente leggibile sul retro del telaio - Kunsthandlung P. Kaeser Wien – farebbe pensare che anche quest'opera, come molte di quelle eseguite in quegli anni, fosse destinata al mercato austriaco.
E. C.