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Vittore Giuseppe Ghislandi, detto Frà Galgario
Description
- Vittore Giuseppe Ghislandi, detto Frà Galgario
- Ritratto di gentiluomo
- olio su carta, applicata su tela
Provenance
Exhibited
Literature
U. Ronchi, "Vittore Ghislandi pittore e gran cuore" in L'Eco di Bergamo, 5 Novembre 1967, p. 3;
M.C. Gozzoli, "Vittore Ghislandi detto Fra' Galgario" in I pittori bergamaschi, il Settecento, Bergamo 1982, vol. I, cat. n. 105, p. 117, illustrato fig. 6 p. 162.
Catalogue Note
Il Ritratto di gentiluomo, reso noto in occasione della mostra bergamasca del 1967, è una seconda versione autografa del ritratto con medesimo soggetto già nella raccolta di Giuseppe Beltrami di Milano. L'opera è databile intorno agli anni 1735-40 ed è un felice esempio della maniera tutta d'impasto con cui Frà Galgario realizza i suoi più famosi ritratti, in particolare quelli della sua produzione più matura caratterizzata da una maniera "impressionistica" e atmosferica. Il modello qui sembra colto all'improvviso, con un taglio pienamente moderno, come en passant dietro alla tenda rossa che costituisce la quinta in primo piano. La ricchezza dei dettagli dell'abbigliamento del gentiluomo, che veste alla moda del Settecento con lo jabot e la parrucca dalle armonie delicatissime di grigi argentei, non impedisce al pittore di rivelarne con grande realismo il carattere e il sentimento: "... felicissima la caratterizzazione psicologica del personaggio, i cui tratti del viso, emergenti dall'ombra, si sciolgono quasi in un arguto sorriso, mediante un pittoricismo pastoso" (Fra Galgario (1655-1743) Nelle collezioni private Bergamasche, catalogo della mostra, Bergamo 1967, senza pagina).
Mentre il realismo dei ritratti di Ceruti e Ceresa è sinonimo di semplicità e sobrietà, quello di Frà Galgario si orna della fantasia alla quale l'aristocrazia lombarda dell'epoca è molto sensibile. Il grande apprezzamento che Ghislandi riceve in vita, che ne fa uno dei più importanti ritrattisti del Settecento europeo, è dovuto infatti anche allo sviluppo che egli ha saputo dare al genere, dai ritratti veneziani eseguiti sulla scia del friulano Sebastiano Bombelli a quelli neo-rembrandtiani influenzati dal pittore tedesco Salomon Adler, da quelli dedicati all'aristocrazia bergamasca agli autoritratti e alle immagini di artisti e giovinetti: diversamente dalla scuola ritrattistica veneta e francese, Ghislandi mette in crisi la struttura celebrativa del ritratto, fino ad apparire talvolta brutale nell'analisi di una società aristocratica ormai nella sua fase di declino e di esteriorizzazione.