Lot 192
  • 192

Giacomo Ceruti Milano 1698-1767

Estimate
70,000 - 100,000 EUR
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Description

  • Giacomo Ceruti
  • Ritratto di gentildonna con cesto di fiori
  • recante due antiche ceralacche sul retro della cornice
  • olio su tela, in un ovale dipinto, con stemmi araldici

Catalogue Note

Il dipinto, raffigurante una gentildonna vestita di un abito sontuosamente ricamato e adorna di eleganti gioielli, è un tipico esempio della significativa attività ritrattistica di Giacomo Ceruti, forse meno nota rispetto alle celebri scene di genere pauperistico ma senza dubbio non meno importante per la ricostruzione della sua personalità artistica.
Infatti, se le rappresentazioni di pitocchi sono limitate ad alcuni periodi precisi della sua attività, il Ceruti fu sempre molto richiesto come ritrattista nel corso di tutta la sua vita. Agli esordi, nei primi anni Venti del Settecento, mostra di essere aggiornato sullo stile di Fra’ Galgario, pur avendo già assimilato anche lo schietto naturalismo proposto nei ritratti bresciani di Antonio Cifrondi. Nella stessa città riceve importanti commissioni pubbliche, tra cui quella del podestà veneto Antonio Memmo che gli commissiona per il Palazzo del Broletto una serie di ritratti di personaggi celebri, e ritrae numerosi esponenti delle famiglie più in vista nel panorama cittadino, quali i Lechi, i Barbisoni, gli Avogadro. Il soggiorno veneziano, che si colloca nella seconda metà degli anni Trenta e durante il quale eseguì i ritratti richiesti dal Maresciallo Matthias von Schulenburg, si rivelò fondamentale per l’acquisizione di un linguaggio figurativo aperto al gusto del barocchetto internazionale. Inoltre, in questo periodo, il pittore poté studiare le opere di Tiepolo, Pittoni e Sebastiano Ricci, che gli consentirono di schiarire e arricchire la sua tavolozza. Tornato in Lombardia, a partire dal quinto decennio Ceruti lavorò assiduamente per la nobiltà milanese producendo opere in cui si nota un colorismo più spigliato e una certa ricercatezza formale. Si pensi, ad esempio, al Ritratto di gentildonna della collezione Thyssen-Bornemisza, (M. Gregori, Giacomo Ceruti, Cinisello Balsamo 1982, cat. n. 175, p. 460), al Ritratto di Maria Cattaneo della Pinacoteca Tosio Martinengo (Gregori 1982, cat. n. 178, p. 460-461) e al Ritratto di gentildonna di Casa Cicogna (Gregori 1982, cat. n. 229, pp. 470-471).
Risulta difficile proporre una datazione certa per il Ritratto di gentildonna che si sta prendendo in esame, ma su base squisitamente stilistica si può avanzare l’ipotesi di una cronologia risalente al soggiorno bresciano, durato circa quindici anni. L’opera trova un confronto interessante con il Ritratto di gentildonna della famiglia Lechi (Gregori 1982, n. 8, p. 424) e con il Ritratto di una Cattaneo (Gregori 1982, n. 14, p. 426).
L’abito, i gioielli e i fiori sono minuziosamente descritti con sfoggio di virtuosismo, ma ciò che colpisce immediatamente è l’insistito realismo del volto della donna. Nonostante la preziosa collana di perle, le guance paffute e rosse e gli occhi sgranati, quasi stupiti, più che a una nobile dama fanno pensare alle popolane mirabilmente descritte da Ceruti nelle sue tele di genere. La scelta di ritrarre la donna di tre-quarti fa supporre l’esistenza di un pendant di questo dipinto, in cui è probabilmente raffigurato il marito, e i due stemmi nelle mezzelune dovrebbero riferirsi ai due casati congiunti.