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Ippolito Caffi (Belluno 1809 - Lissa 1866)
Description
- Ippolito Caffi
- veduta di piazza navona, roma
- firmato e datato in basso a destra Caffi 1853
- olio su tela
- cm. 168.4 x 228.4
Exhibited
Literature
M. Pittaluga, Il Pittore Ippolito Caffi, Vicenza 1971, pag. 88, n. 64, citato ed elencato
Condition
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Catalogue Note
Proveniente da un'importante collezione privata e presentato l'ultima volta in occasione della retrospettiva dedicata alle sue vedute romane a Palazzo delle Esposizioni, nel 1959, Piazza Navona esemplifica straordinariamente il fare pittorico maturo del pittore bellunese Ippolito Caffi, quando allontanatosi da un certo tipo di vedutismo settecentesco d'origine canalettiana, questi si avvicina alle coeve sperimentazioni d'avanguardia dei primi fotografi-teorici e, in particolare, alle calotipie di Giacomo Caneva - tra i fondatori della Scuola romana di fotografia-, alla cui veduta di Piazza Navona, eseguita nel 1850, è assimilabile il taglio compositivo dell'immagine del nostro elegantissimo dipinto.
Sviluppatasi tra il 1847 e il 1853 in seno al gruppo cosmopolita degli intellettuali del Caffè Greco, la Scuola romana di fotografia può ritenersi uno tra i primi circoli fotografici europei dove si sperimenta il calotipo, un procedimento che grazie all'uso di carta sensibilizzata con sali d'argento, consente la riproduzione seriale di più stampe da un medesimo negativo.
Tra i primi a servirsi della tecnica che avrebbe, ben presto, trasformato definitivamente le regole espressive e rinnovato quelle tradizionali della rappresentazione artistica, ricordiamo il pittore padovano Giacomo Caneva, che trasferitosi a Roma nel 1838 "s'interessò molto precocemente al nuovo mezzo riprendendo i luoghi più noti della città antica e moderna che già lo attrassero come pittore." (cfr. A. Margiotta, La Scuola Romana di Fotografia, in Roma 1850: il circolo dei pittori fotografi del Caffè Greco, Roma 2003, pp. 28-34).
E sarà, proprio, la sua particolare sensibilità "pittorica", evidente nell'attenzione riposta sugli effetti chiaroscurali come sui giochi tra luci ed ombre, già nelle sue prime prove fotografiche, ad assimilarlo negli esiti, a quelli più alti dei pittori prospettici della capitale, tra i quali Ippolito Caffi.
Un raffronto tra i due artisti, possibile in questa sede affiancando la calotipia Interno del Colosseo del Caneva (fig. 2) e l'omonimo dipinto del Caffi (fig. 1), permette di evidenziare una certa comunione d'interessi e la condivisione di precisi schemi rappresentativi.
Affinità d'intenti ravvisabile anche nel nostro Piazza Navona, eseguito dal Caffi nel 1853 -perciò durante gli anni dell'esilio seguìto alla partecipazione ai moti risorgimentali veneziani nel 1848- per l'elaborazione del quale l'artista si è avvalso di una nota calotipia del protofotografo, come un consueto bozzetto dal vero. (cfr. F. Pirani, Amici e rivali. Ippolito Caffi e Giacomo Caneva tra pittura e fotografia, in Roma 1850..., cit, pp. 42-47).
Oltre le dimensioni eccezionali del dipinto e la sua elevata qualità pittorica, anche la rarità del soggetto rappresentato rendono quest'olio di Ippolito Caffi un'opera unica nel corpus dell'autore.
La soluzione adottata dall'artista nella scelta del punto di vista risolve abilmente la composizione: attraverso una ravvicinata visione dal basso, proprio dinnanzi alla Fontana del Moro -strategia che permette di sottolineare la valenza architettonica di palazzo Pamphili e della chiesa borrominiana di Sant'Agnese in Agone-, l'artista coinvolge personalmente lo spettatore nello spazio pittorico, dandogli l'illusione di partecipare attivamente alla vita della piazza assieme ai gruppi di figure che la popolano nel giorno di mercato. Ancora nell'Ottocento infatti, come documentano alcuni famosi sonetti del Belli, la piazza ospitava ogni mercoledì un tradizionale mercato rionale, sospeso solo durante i mesi estivi per l'uso antico di allagarla e "farne un delizioso lago formato dalle abbondanti fontane, che a guisa di sorgenti la riempiono di acque". (cfr. G. Vasi, in Le Magnificenze di Roma, Roma 1761).
La realtà socio-economica degli ultimi anni della Roma papale che Caffi si sofferma a descrivere minutamente, s'inserisce nella grandiosa cornice storico-artistica di una delle piazze italiane più celebri, ma allora sensibilmente diversa da quella che oggi tutti conoscono. La Roma degli anni cinquanta dell'Ottocento, infatti, era ancora una piccola città limitata entro le Mura aureliane, un luogo dove vigne ed orti fiancheggiavano gli antichi ruderi come gli edifici più moderni. L'aspetto rurale e campagnolo l'accompagnava ovunque; i residenti erano poco più di centomila tra clero, nobiltà, borghesia e popolo ma numerosi contadini vi giungevano quotidianamente.
Ed è per l'appunto al popolo romano cui il Caffi rivolge il suo curioso interesse e che descrive come esperto narratore: le signore borghesi a passeggio, i tessitori, gli ortolani con frutta e ortaggi freschissimi, il robivecchi e lo stagnaro, il prelato, il libraio, il venditore di nastri e la folla indaffarata, folla che anima di colori e voci la zona del mercato vero e proprio, quella tra la Fontana dei quattro fiumi sovrastata dall'obelisco di Domiziano e quella del Nettuno, tutti eseguiti con tocchi veloci e vivificanti, vera cifra stilistica caffiana.
Un uso molto fluido del colore ed una tavolozza d'impianto quasi tonale, tendente al monocromo, fanno di Piazza Navona un dipinto dalla tecnica raffinatissima, nel quale architetture e persone, sotto un cielo di un colore smagliante, nel passaggio tra il primo piano e lo sfondo, sono unificate dalla tonalità calda della luce che le bagna e le delinea. E sarà proprio questa particolare attenzione al vero e allo studio della luminosità naturale, che, agli inizi degli anni cinquanta, renderà Ippolito Caffi un artista d'avanguardia e il suo Piazza Navona un dipinto indubbiamente moderno.
Ch'er mercoledì a mercato, ggente mie,
sce siino ferravecchi e scatolari,
rigattieri, spazzini, bbichierari,
stracciaroli e ttant'antre mercanzie...
(G.G Belli, Er mercato de piazza Navona, 20/03/1834)
Cqua cce so ttre funtane inalberate:
Cqua una gujja che ppare una sentenza:
Cqua se fa er lago cuanno torna istate...
(G.G Belli, Piazza Navona, 1/02/1833)
Se po' ffregà Ppiazza-Navona mia
E dde San pietro e dde Piazza-de-Spaggna.
Cuesta nun è una piazza, è una campagna,
Un treàto, una fiera, un'allegria...
(G.G Belli, Piazza Navona, 1/02/1833)
Pe ttutto trovi robba che se maggna,
pe ttutto ggente che la porta via.
(G.G Belli, Piazza Navona, 1/02/1833)