Lot 29
  • 29

Jacobus (Jacomo) Victor Amsterdam ? c. 1640-1705

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Description

  • Jacobus (Jacomo) Victor
  • Zuffa nel cortile tra gatto e gallina
  • iscrizione sul retro della tela: Opera originale di/ Jacomo Victors/ già esposta ad/ Amsterdam
    bollo a ceralacca con tracce di stemma araldico sul telaio
    etichetta sul telaio: 693
  • olio su tela

Provenance

Conte Festetics, Vienna;
M. Strauss, Vienna, 1921;
Asta collezione Strauss, Vienna, Wawra, 22-23 marzo 1926, n. 42;
Collezione privata, Roma.

Literature

W. Suida, Kunstschatze der Sammlung Dr. Max Strauss in Wien, Vienna 1921, n. 73;
E. Safarik & Francesca Bottari, "Jacobus (Jacomo) Victor", in La natura morta in Italia, Milano 1989, vol I, p. 350, illustrato fig. 420.

Catalogue Note

Il dipinto è pubblicato nell’importante antologia La natura morta italiana, sotto la direzione scientifica di Federico Zeri, come opera autografa di Jacobus Victor, pittore olandese esponente del filone di nature morte con cacciagione e animali da cortile, attivo a Venezia nel sesto decennio del Seicento. L’opera è databile verso la seconda metà degli anni Sessanta del secolo, quando le ambientazioni dell’artista diventano più articolate e scandite da un maggior numero di elementi. Alcuni di questi, prevalentemente umili come la tela di iuta intrecciata, compaiono pure nel dipinto firmato già appartenuto alla collezione Van der Kaa dell’Aia e poi venduto nella stessa città nel 1948, che per affinità compositive parrebbe ideato come pendant del nostro. L’appartenenza della tela al periodo italiano del pittore sarebbe confermata dalla presenza di un frammento di capitello antico, elemento che, insieme al recipiente di coccio forato, caratterizza l’iconografia dell’olandese di questi anni. A questo stesso periodo appartiene lo straordinario Gallo che canta e i piccioni conservato alla Bayerische Staatsgemäldesammlungen di Monaco.
Ricordato negli anni Ottanta come facoltoso proprietario di un negozio specializzato in coperte e piume, fatto curioso vista la relazione con i suoi soggetti, la formazione artistica di Jacobus Victor avvenne ad Amsterdam a fianco di Melchior d’Hondecoeter (1636-95) presso la bottega del padre di questi, Gysbrecht (1604-53), passando poi entrambi, a causa della morte del maestro, a quella di Jan Baptist Weenix (1621-6071), pittore anch’esso specialista in animali. Il viaggio a Venezia poco più che ventenne, probabilmente sulle orme dei suoi connazionali Eberhard Keil e Willem Drost, è significativo per la sua attività successiva. Le opere di questo primo periodo manifestano un interesse per i soggetti con ortaggi, come la tela raffigurante Cacciagioni, anguria, cavolo, melone, melagrane e gatto conservata al Museo Civico di Vicenza, e bottini di caccia, su cui il pittore tornerà assai raramente nella produzione più matura. Negli anni trascorsi nella città lagunare l’artista affinerà il suo stile giocato su un cromatismo poco contrastato di colori tenui e confermerà l’attitudine a dipingere scene rurali di intimità domestica. Nel 1670 il pittore ritorna ad Amsterdam, dove realizza la maggior parte dei dipinti firmati e datati, quali ad esempio Piccioni e pollame del Museo Nazionale di Varsavia, Tacchino, oca, anatra, piccioni e gallinacei dell’Ermitage di Leningrado e lo splendido Piccioni con gallo, galline e porcellino d’India conservato al Rijksmusum di Amsterdam.
Il soggetto qui rappresentato è tipico di Victor che nella città lagunare riscuote i favori di una committenza nobile e borghese attratta dai temi rustici e dall’atmosfera intima, evocativa del mondo bucolico dei Bassano. Con uno stile delicato di pennellate soffici e sfumate giocate su colori tenui, grigi, perlacei e marroni e una luce diffusa, l’olandese dipinge scene di calda intimità domestica concentrate su un numero esiguo di  animali, per lo più piccioni o pollame, colti nei movimenti più diversificati, ora chini a piluccare in terra, ora nell’atto di alzarsi in volo o di correre, ora nel riposo della cova in cesti di paglia e nidi. “… Mirabile nel formar Animali volatili”, come viene ricordato nel 1663 dal Martinioni nelle appendici a Venetia città mobilissima et singolare di Francesco Sansovino, il Victor, che in questi anni italianizza il proprio nome in Jacomo, si rivela un acuto osservatore della vita contadina che traspone in un suo personale “teatro di animali”.