Lot 16
  • 16

Lucio Fontana

Estimate
600,000 - 800,000 EUR
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bidding is closed

Description

  • Lucio Fontana
  • Concetto spaziale, Attesa
  • firmato, intitolato, dedicato tu al Lerner, e iscritto il blu del cielo il blu del mare, il sangue bleu... sul retro
  • idropittura su tela
  • cm 54x45
  • Eseguito nel 1965

Provenance

Studio Marconi, Milano
Collezione Franco Frascarolo, Valenza Po
Ivi acquisito dall’attuale proprietario

Exhibited

Alessandria, ex complesso conventuale di San Francesco, Lo sguardo indiscreto. Arte del XX Secolo dalle collezioni alessandrine, Alessandria 2000-2001
Valenza, Villa Scalcabarozzi, Tesori d’Arte a Valenza. Capolavori dalle Collezioni Private, 2014, pp.122-123, illustrato a colori

Literature

Enrico Crispolti, Lucio Fontana. Catalogue Raisonné, Bruxelles 1974, vol. II,  p. 164
Enrico Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo generale, Milano 1986, vol. II, p. 576, n. 65 T 86
Enrico Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol. II, p. 762, n. 65 T 86

Condition

This work appears to be in generally good overall condition. There is a pinpoined loss by the lower left corner. Under UV light are visible along the thickness of the stretcher a few filling reintegrations by some holes probably due to the anchoring of a previous perimetral wands. A professional condition report is available upon request.
"In response to your inquiry, we are pleased to provide you with a general report of the condition of the property described above. Since we are not professional conservators or restorers, we urge you to consult with a restorer or conservator of your choice who will be better able to provide a detailed, professional report. Prospective buyers should inspect each lot to satisfy themselves as to condition and must understand that any statement made by Sotheby's is merely a subjective, qualified opinion. Prospective buyers should also refer to any Important Notices regarding this sale, which are printed in the Sale Catalogue.
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Catalogue Note

“Propter vitam vivendi perdere causas” (Per vivere, mandare in rovina le ragioni dello stesso vivere).
Cosi scrive Giampiero Giani a proposito del lavoro di Fontana nel catalogo  della XXVII Biennale di Venezia (in “Lucio Fontana”, Catalogo della mostra a Palazzo Reale di Milano nel 1972, p.263).
E’ proprio con queste parole che potremmo riassumere il significato dell’intero lavoro dell’artista il quale, sempre guidato da una grande immaginazione e maestria tecnica, arriva alle più opulente e barocche soluzioni stilistiche (si pensi alle sculture in ceramica e in mosaico degli anni 1935-1940 o a quelle informali e materiche della seconda metà dei Cinquanta), per poi far tabula rasa e ripartire dal nulla. Fine ultimo di tale processo di azzeramento non è arrivare all’astrazione purista, bensì rituffarsi nella continua scoperta di sé e del mondo.
D’altronde solamente se si conoscono le regole le si può infrangere e Fontana lo fa rompendo ogni schema in favore di un bisogno di sperimentazione oltre l’abilità manuale, oltre la forma, oltre il conosciuto e il conoscibile.

Noi, uomini di questo secolo, forgiati da questo materialismo siamo divenuti insensibili dinanzi alla rappresentazione delle forme conosciute.[…]L’uomo è saturo di forme pittoriche e scultoree, le sue esperienze, le sue ripetizioni, testimoniano che queste arti sono rimaste ferme a valori non consoni alla nostra civiltà, senza possibilità di sviluppi futuri…[…] Noi abbandoniamo l’uso delle forme conosciute e abbordiamo lo sviluppo di un’arte basata sull’unità del tempo e dello spazio. (Manifesto Blanco, 1946)
Figura emblematica della sua – e in fondo anche della nostra – epoca, Fontana non ha un punto fermo ma appare lontano dal volerlo cercare. Non si aggrappa a valori e ideali precostituiti, non si rifugia nella sicurezza della tradizione, non stabilisce limiti alla sua ricerca. E’ un percorso che non mira alla riaffermazione di valori esemplari e assoluti, bensì all’esplorazione libera, ipotetica, fenomenologica.

Così Fontana lascia la strada nota per inoltrarsi nei meandri di uno spazio sconosciuto, fatto di forze, attimi, tensioni, e con i buchi e i tagli scardina “la monotonia della bidimensionalità illusoria e della ancor più illusoria ed illusionistica tridimensionalità finta dal disegno e dal colore chiaroscurale” (Gillo Dorfles in in “Lucio Fontana”, Catalogo della mostra a Palazzo Reale di Milano nel 1972, p. 276).
Queste opere sono incisioni della sua presenza, lacerazioni della materia che – attraverso il riferimento a uno spazio che è ovunque, anche oltre e intorno alla tela - vogliono superare il conoscibile ed eternare in un gesto l’infinito.
L’eccezionale estro, il gusto, il virtuosismo tecnico, la libertà intuitiva proprie del lavoro dell’artista, si fondono perfettamente in quest’opera del 1965, una tela bianca solcata da un solo taglio, una fenditura unica, verticale, di assolutezza quasi architettonica.
E’ qualcosa di poetico e allo stesso tempo violento, lirico e insieme lucido e deciso come l’artista nell’atto di “ferire” la tela. Una ferita che tuttavia – infrangendo l’immobile materia monocroma – genera nuovi processi di vita.

La tela riporta sul retro la dedica Tu al Lerner e l’iscrizione  Il blu del cielo il blu del mare, il sangue blu, gioco di parole che scopre la sottile ironia e l’arguzia di un uomo enigmatico ma allo stesso tempo semplice, schietto e pragmatico.

Nel 1966 tagli unici, bianchi come il nostro o come quello della Staatsgalerie di Stoccarda o dello Stedelijk Museum di Amsterdam, vengono esposti in occasione della XXXIII Biennale di Venezia in una sala progettata dallo stesso Fontana in collaborazione con l’architetto Carlo Scarpa: un ambiente ovale labirintico e interamente bianco che le tele, dello stesso candido colore, alteravano appena accogliendo lo sguardo in uno spazio "rivelatorio, concettuale, quasi metafisico, che rappresenta il culmine di una tale esperienza operativa” (E. Crispolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol.I, p.78).

Con quell’opera l’artista vince il Gran premio Internazionale per la Pittura alla Biennale, un riconoscimento che si aggiunge ad altri importanti traguardi raggiunti nello stesso anno quali le mostre personali al Walker Art Center di Minneapolis, alla Marlborough Gallery di New York e alla Galerie Alexander Iolas di Parigi.

“I miei tagli sono soprattutto un’espressione filosofica, un atto di fede nell’infinito, un’affermazione di spiritualità. Quando io mi siedo davanti a uno dei miei tagli, a contemplarlo, provo all’improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro”. (Intervista di Grazia Livi a Lucio Fontana, in “Vanità”, anno VI, n.13, 1962, pp.53 seg.)

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“Propter vitam vivendi perdere causas”.  This is what Giampiero Giani writes about Fontana’s work in the XXVII Venice Biennale catalogue in 1972. (in “Lucio Fontana”, Catalogue of the exhibition at Palazzo Reale, Milano 1972, p. 263).

These words perfectly summarize the meaning of Lucio Fontana’s entire artistic project,  characterized by a vivid imagination and technical ability that brings the artist to a  great variety of formal solutions and to their continuous rearranging, giving him the chance to start afresh every time.

 

Only if you deeply know the rules you can break them and Fontana manages to do it perfectly, moved by a profound need to experiment and to go beyond the already knew and the knowable.

Fontana has no point of reference and he is not interested in having one. He does not hold on traditional or preconceived models, he sets no limits to his research.  His work does not aim at the affirmation of new absolute and universal values, but at the free, hypothetic and phenomenological exploration.

 

Thus Fontana ventures into unknown spaces and with his Holes and Slashes  he breaks the monotony of  bi-dimensional space and the illusiveness of three-dimensional picture.

 

Through their reference to a space that is everywhere – behind and around the canvas – these works  tend to go beyond physical reality, to reach the infinite and perpetuate it in a gesture.

 

The creative fantasy,  technical virtuosity and intuitive freedom of the artist’s oeuvre intermingle and perfectly condense themselves in this work of 1965: a single, vertical slash that runs all along the white canvas. It is somehow poetic and violent at the same time, lyrical and lucid, determined as the artist in the act of “wounding” the canvas. A wound that interrupts the stillness of monochrome surface and generates new life processes.

 

The reverse of the canvas shows the dedication Tu al Lerner and the inscription  Il blu del cielo il blu del mare, il sangue blu, a pun that reveals the fine irony of an enigmatic, but also simple and pragmatic, man.

In 1966 white slashes - similar to the one we are presenting – were exposed at the XXXIII Biennale di Venezia in a room designed by Fontana together with the famous  architect Carlo Scarpa: an oval,  labyrinthic, all white space that welcomed the visitors eye in a revelatory, conceptual, almost metaphysical space. (Crsipolti, Lucio Fontana. Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni, Milano 2006, vol.II)

In that occasion, the artist won the Biennale International Price for painting.

Single slashes on white canvases also figure in important international collections as the one of the Staatsgalerie of Stuttgart and that of the Stedelijk Museum of Amsterdam.