MI0323

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Lot 14
  • 14

Afro

Estimate
180,000 - 250,000 EUR
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bidding is closed

Description

  • Afro
  • Portorose
  • firmato e datato 63
  • olio e tecnica mista su tela
  • cm 67x95

Provenance

Collezione privata, Tokyo
Acquistato dall'attuale proprietario nel 2006

Literature

C. Brandi, Afro, Rome 1977, n. 68, illustrato
M. Graziani, Afro Catalogo Generale Ragionato, Roma 1997, pag. 245, n. 535, illustrato a colori

Condition

L'opera è in ottime condizioni. Non vi sono tracce di restauri visibili sotto la lamapada a raggi UV. I colori sono più caldi rispetto all'originale ed il pigmento verde è più saturo e visibile. This work is in very good overall condition. No traces of retouching appera to be visible under UV light. Colors are warmer compared to the original and green pigment is more saturated and visible.
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Catalogue Note

“Non mi bastava rappresentare una realtà di fantasia, di sogno o di memoria esistente oltre il quadro e di cui il quadro era specchio o tramite, ma volevo che quella realtà si identificasse con la pittura e la pittura divenisse la realtà stessa del sentimento non la sua rappresentazione” (Afro cit. in L. Caramel, La pittura come realtà del sentimento, catalogo della mostra Afro. Dipinti 1931-1975 a Palazzo Reale, Milano 1992, pag. 34): così Afro confessa la sua predisposizione di fronte al mondo nuovo dell’Informale americano che conosce direttamente nei primi anni Sessanta e che segna nua nuova fase nella sua produzione. Nel 1959 Afro ospita nel suo studio a Roma Willem De Kooning, che vi produrrà la serie dei Black and White – Rome, lasciando un’impronta nuova in Afro che così si avvicina alle impressioni di Yves Klein, Philip Guston e Marca-Relli ma in modo del tutto personale; lo conferma Patrick J. Kelleher nel 1960 nella prefazione al catalogo della XXX Biennale di Venezia, che gli dedica una sala personale: “Come artista con uno sfondo mediterraneo, Afro nella sua pittura, malgrado la sua grande vitalità, è generalmente contemplativo, un po’ staccato, ma risoluto e sereno nel suo approccio. Queste qualità sono in forte contrasto con le pitture degli espressionisti astratti americani ai quali Afro si sente però spiritualmente vicino, e con i quali si sviluppa pur restando indipendente”. Dagli stimoli americani Afro elabora un'evoluzione interiore, come una crescita del sentimento che lo porteranno alle sue più importanti e squisitamente italiane realizzazioni degli anni Sessanta di cui Portorose fa parte: “Oggi non posso pensare al’artista – e non l’ho mai pensato – come a un giocoliere, a un mago che fa il miracolo, ma piuttosto lo vedo simile a una pianta che cresce e si sviluppa spontaneamente nel suo elemento naturale, fondendo alla luce del ‘tutto’ il metro della ‘sua’ esistenza” (Afro in L. Venturi, Pittori italiani d’oggi, Roma 1958, pagg. 93-94). Lo scrive anche Cesare Brandi nel catalogo preparato in occasione della seconda personale dell’artista alla Catherine Viviano Gallery di New York proprio nel 1963, anno di Portorose: “Mai forse Afro era stato così vicino all’action painting, ma, nello stesso tempo, nell’equilibrio che conclude ogni volta nel perimetro del dipinto la figurazione totale, proprio quell’equilibrio indubitabile arresta nel gesto l’attimo figurativo, e compone il dipinto in una serie di tensioni, di corrispondenze dinamiche, che vengono trattenute nel campo di forza di una zona di colore, emittente come la luce colorata di un faro”. I primi anni Sessanta si confermano il periodo più vivace e di libera espressione, per una scoperta del valore immediato del colore che da segno al sentimento; ce ne parla proprio Afro quasi interpretando la forza di quegli anni nella sua coscienza: “Man mano ho accettato che l’immagine pittorica si realizzassse in un suo modo più imprevisto: nel fatto che una forma si dilati in maniera inquietante, che un colore si accenda ‘fuori misura’, che la materia nasca dai suoi stessi strati di calcolo e di abbandono. Della memoria resta l’indistinzione, un’onda lenta che trascina con sé tutto il sapore di una stagione, ma non più le sue conformazioni, nemmeno più l’ombra dell’ombra, ma solo l’infinito ‘negativo’ di quelle forme ricordate, piuttosto che il limitato sebbene indefinito ‘positivo’.  La pittura diviene il ‘suo’ movente, vita del sentimento, volontà di intelligenza, individualità morale e fantastica. Il quadro non allude ma pone la sua esistenza, segreto e incancellabile come ogni cosa sognata o rimpianta” (Afro in L. Caramel cit., pag. 34).

L'opera è accompagnata da attestato di libera circolazione

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