Alberto Burri

 Acquisito dal padre dell'attuale proprietario direttamente dall'artista negli anni Sessanta

Fondazione di Palazzo Albizzini, Burri Contributi al catalogo sistematico, Città di Castello 1990, n. 808, pagg. 190-191, illustrato a colori

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"L'azione di Burri non è gestuale, cioè di senso attivistico, di urgenza reattiva e sia pure ambiguamente liberatoria, ma reca in sé la coscienza della propria passività, cioè della sua destinazione alla stasi. L'azione di Burri ha, sugli oggetti e le materie che tocca, lo stesso spietato mordente dell'usura che il tempo ha esercitato su di essi: e come il tempo della vita confluisce in una immobile dimensione di morte, così l'azione di Burri, l'atto di tagliare, di ferire la materia, di cucire, di bruciare, ha per sfocio la fissità e l'inazione (...). E questo è il senso, in Burri, della dialettica di forma e di informe; i suoi fermi impianti suggellano il regredire dell'azione nella stasi, ovvero il risolversi dell'informe nella forma (...) in un certo senso, come fa il vinavil che poi fissa la superficie del dipinto. (...). Oggetto della sua pittura non è, infatti, la materia come quantità-qualità organica (...) ma la materia come cosa esistente, disponibile soltanto nella sua capacità di ricevere, di subire un processo che può violentarla, ma non farla diversa da quello che è. Il gesto di Burri segna soltanto, non disegna."
(cit. Maurizio Calvesi, Le due avnguardie dal futurismo alla pop art, 1966)